ANALISI ANTROPOLOGICA DEL GIOCO D’AZZARDO (SAGGIO)

 Caravaggio: I bari


Il gioco è socializzazione e crescita esistenziale.
Il gioco d’azzardo è isolamento e auto distruzione”.
(Gabriele Palombo) 

Il gioco ha diversi significati e nella sua espressione sana e naturale dà la possibilità agli esseri umani di esprimere la loro parte infantile spontanea e gioiosa, oltre quella artistica-creativa, che è prerogativa di ogni persona. Giocare è perciò importante, specialmente quando si è piccoli, ma lo è anche da adulti perché il gioco permette di svagarsi e pure di far emergere e poi poter elaborare vissuti traumatici, angosce e paure d'ogni genere. Pertanto il gioco è catartico e creativo, fa bene al corpo, alla mente e allo spirito, specialmente quando si associa a un’attività fisica. Ma, come osserveremo fra poco, può essere anche distruttivo quando si perverte e sconfina nel gioco d'azzardo. Invero definire il gioco d'azzardo come svago è scorretto perché principalmente è un modo per farsi e per fare del male. Il gioco, così come qualsiasi altro comportamento, esprime la totalità dell’essere umano cioè la parte conscia e innanzitutto inconscia e può avere un significato positivo o negativo, un significato sano e uno malsano.

Chi non sa giocare, e chi non vuole giocare, è perché è chiuso in se stesso. E chi è rinserrato in se stesso e perché è schiacciato, e perché si fa schiacciare da vissuti del passato che ritiene pericolosi o intoccabili. Rifiutarsi di giocare può essere anche un modo per nascondere a se stessi e agli altri le proprie parti infantili ritenute riprovevoli. Giocare significa uscire dal proprio guscio narcisistico e socializzare. Non smettiamo di giocare perché invecchiamo; invecchiamo perché smettiamo di giocare”. (George Bernard Shaw)

Per quanto riguarda il giocatore d'azzardo, la motivazione che spinge tante persone a sperperare i propri beni e a rovinarsi la vita attraverso il gioco, è piuttosto semplice da spiegare e cioè un forte e radicato masochismo, una voglia costante di auto distruzione. Il giocatore d’azzardo ha un unico scopo nel giocare: perdere. Perdere costantemente per confermare prima di tutto a se stesso e poi al prossimo quanto è sfortunato, quanto la vita è ingrata con lui. Il giocatore d'azzardo è un tenace e indefesso collezionista di tracolli finanziari e materiali e sconfitte esistenziali in generale.

Il giocatore d’azzardo sicuramente ha patito delle frustrazioni e privazioni affettive. Primariamente le ha patite nel rapporto originario con la figura materna. Come si sa la maternità, l’allattamento e l’accudimento materni sono strettamente connessi con l’amore. Se la qualità e la quantità dell’amore materno non sono state godute in modo soddisfacente, chi si dà al gioco suppone di procurarsi da solo quanto non gli è stato dato dalla madre o da un suo surrogato. In sostanza, il gioco d’azzardo è un modo illusorio, sbagliato e autolesionistico di porsi dinanzi ad un vuoto affettivo che ci portiamo dentro da fin dalle origini della vita. Così come lo sono anche altre forme di dipendenza quali le tossicomanie e l’alcolismo, il tabagismo e il cibo smodato che hanno delle similitudini tra loro, nel senso che sono il risultato di frustrazioni e traumi precoci. Quasi tutte le forme di dipendenza patologica, all’origine, sono legate alla figura materna e a scelte personali.

La dipendenza affettiva, che ha diverse gradazioni oggettive e diverse elaborazioni soggettive che possono renderla più o meno superabile, all’origine è figlia di una deprivazione. In seguito se non è riconosciuta, accettata e superata, ma ci si pone dinanzi ad essa in modo sbagliato, si rimarrà nel bisogno e nella dipendenza. E in più ci si farà del male con la modalità personale che si è scelta nel tentativo di colmare un vuoto o superare una frustrazione. All’opposto ci può essere chi rifiuta un risarcimento nel presente per una frustrazione patita nel passato a causa di un orgoglio smisurato e ferita narcisistica, a costo di farsi del male. 

A questo punto si pone un interrogativo e cioè: una persona può darsi al gioco d’azzardo anche senza avere patito frustrazioni e traumi? Sì, è possibile. È più raro rispetto a chi ha patito delle frustrazioni ma sempre possibile per la seguente ragione: che l’uomo, essendo dotato di libertà, in positivo e in negativo, nel bene e nel male, può fare e decidere in qualsiasi momento di fare e diventare qualunque cosa. E comunque non è detto che chi ha patito delle frustrazioni (prenatali e orali), diventi per questo un giocatore d'azzardo. Ogni persona elabora e decide diversamente quanto sperimenta nel corso della propria esistenza, fin dalle origini della vita nel seno materno, dove risiedono le decisioni più gravide di conseguenze. 

I confini tra il gioco d’azzardo e la truffa sono piuttosto labili. Il gioco d’azzardo è sempre esistito ma in questo periodo storico, con l’avvento di Internet e strumenti elettronici d'ogni genere, è cresciuto a dismisura e degenerato. Trovo ignobile che qualcuno s'arricchisca col gioco d’azzardo, ed è ancora più spregevole quando sono i governanti a permetterlo per trarne tasse e profitto sui più deboli e confusi.

Il gioco d’azzardo fisico tra persone del passato, che poteva essere affidato al caso (o anche truccato), oggi è stato quasi del tutto soppiantato dal gioco anonimo con le macchinette elettroniche e altre diavolerie, che è sempre e comunque sbilanciato a vantaggio di chi lo gestisce, se non al limite della truffa. Il paradosso del giocatore d’azzardo è che lui sa che il gioco è sbilanciato a favore del gestore, ma fa finta di non saperlo perché la sua perdita nel gioco è funzionale a confermargli quanto egli è sfortunato. Quando, invece, sta semplicemente nutrendo il proprio masochismo e la propria auto distruzione. Anche laddove il giocatore d’azzardo riesce a vincere qualcosa occasionalmente, immediatamente si rituffa nel gioco perché la vincita contrasta col suo modo d'essere un perdente. La sua difficoltà più grande sta nel comprendere che è lui stesso l’artefice principale dei propri fallimenti e sconfitte. Il giocatore d’azzardo non rincorre la fortuna (la vincita), come lui suppone, ma la sfortuna (cioè la perdita).

Il gioco leale è tale quando ci sono delle probabilità più o meno paritarie di vincere o di perdere, vale a dire quando l’una o l’altra possibilità sono affidate alla bravura dei giocatori e al caso (semmai esiste!). Nel nostro tempo il gioco come distrazione e divertimento si è perso quasi completamente. E non poteva essere altrimenti, dato il periodo storico che stiamo attraversando. Il gioco d'azzardo è anche figlio della filosofia di vita imperante in un dato luogo e in un determinato periodo storico. E in una società così avida e truffaldina qual è quella odierna, il gioco poteva forse uscirne indenne?

Il gioco d’azzardo è una malattia, un vizio oppure è l’una e l’altro? È l’una e l’altro. È una malattia perché il masochismo è tale. È un vizio perché, quando un modo d'essere nocivo è protratto all’infinito, quando non facciamo nulla per interrompere un comportamento che ci danneggia e non ci permette di evolvere, siamo comunque responsabili. Non a caso nel gergo comune si dice Avere il vizio del gioco. In alcuni periodi storici, specie nel medio evo, il gioco d'azzardo era proibito e punito.

Il giocatore d’azzardo sa a qualche livello che si sta facendo del male e per questo si sente colpevole e si deve punire. In breve: gioco d’azzardo uguale perdita uguale colpa, colpa uguale punizione, per poi ricominciare d’accapo all’infinito. La colpa, qualsivoglia colpa, se non è svelata e superata, è sempre un pericolo incombente.

Il gioco d’azzardo non è mai stato, non è e non potrà mai essere pulito e leale, primo perché ha una connotazione sadomasochistica, nel senso che chi gestisce il gioco è fondamentalmente sadico (oltre che avido) e la stragrande maggioranza delle persone che partecipa al gioco è masochista. E secondo perché quasi sempre è sbilanciato, legalmente ma è sbilanciato. Come si fa a stare bene con se stessi sapendo che si rovina la vita di tante persone?

Il giocatore d’azzardo, come si è sostenuto prima, è stato frustrato precocemente e profondamente dell’amore e nutrimento materno, per questo è una persona affamata d'amore che nega tale privazione e immagina di procurarselo da solo attraverso il gioco o altri espedienti. Infatti, il giocatore d’azzardo non si limita a giocare in un solo ambito. Il giocatore d'azzardo, oltre a non essere stato nutrito e amato adeguatamente, verosimilmente non è stato nemmeno accolto con gioia quando s’è affacciato alla vita.

Il giocatore d’azzardo, oltre che essere un soggetto auto lesionista, è anche una persona orgogliosa, nel senso che non va a cercare i posti e le persone che potrebbero aiutarlo a colmare il suo bisogno d’accettazione e d'amore ma, in un delirio autarchico, suppone di procurarselo da solo o lo pretende dagli altri. Il masochista si nutre incessantemente di fiele (di sofferenza) e aborre il miele (l’amore) e se qualcuno gli propone qualcosa di diverso e di positivo, li rigetta in modo sprezzante. È questo modo d'essere che fa del giocatore d'azzardo una persona scostante e solitaria. Il giocatore d’azzardo ovviamente non è masochista solo quando gioca, ma lo è nella vita in generale. Nel gioco tocca il vertice dell'auto distruzione.

Il masochismo è difficile da scorgere perché quello più granitico è posto negli abissi dell’inconscio e dell’animo umano, ma per il giocatore d’azzardo è ancora più difficoltoso stanarlo, assumerlo e liberarsene perché n'è pervaso e soprattutto perché trae il piacere principalmente da esso. Tuttavia, se decide di trasformarsi e opera in tal senso, è sempre possibile. 

Il male che ci possiamo fare da soli, a causa del masochismo frutto dell’odio che nutriamo per noi stessi fin dalle origini della vita e di cui abitualmente non ne siamo coscienti, è poca cosa rispetto al male che ci possono avere provocato gli altri. Per quanto mi riguarda, mi sono fatto del male per anni a causa dell’odio conscio e soprattutto inconscio che nutrivo per me stesso, e lungo e faticoso è stato il cammino per liberarmene. Non è il destino o chiunque altro che decide della nostra vita, che sono degli alibi per distoglierci da noi stessi e per non assumercene la responsabilità, ma sono le nostre libere scelte e decisioni, d'amore o d'odio, attuate fin dalle origini della vita e per tutto l’arco vitale.

(Gabriele Palombo)

 

 


 





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