LETTURA DEL FILM LE DUE VIE DEL DESTINO di Jonathan Teplitzky

Perdonare è liberare un prigioniero e
scoprire che quel prigioniero eri tu".
(Anonimo)

A tanta gente film che trattano il tema del perdono non piacciono, non per quello che pensano loro (perché sono film banali e sdolcinati, perché sono male interpretati, ecc.), ma perché non hanno intenzione di perdonare o forse perché non sono ancora pronti per farlo. Il film in questione a mio parere non è un capolavoro ma è godibile perché tocca in modo abbastanza veritiero un problema esistenziale fondamentale. Il film è tratto dal libro auto biografico di Eric Lomak, quindi è il racconto di una storia vera.

Il film Le due vie del destino verte sul tema della vendetta o su quello del perdono. Il film è semplice ma l’argomento che tratta è delicato e fondamentale, perché la qualità della vita perlopiù si decide sull’una o sull’altra scelta che si fa. Le due vie del destino, che dipendono da noi e solo e unicamente da ognuno di noi, sono o la strada dell’odio e della vendetta, della colpa e della perenne espiazione, oppure la strada del perdono e dell’amore. Eric Lomac dopo un lungo travaglio interiore sceglie la seconda e si salva. Noi quale abbiamo scelto?

In ogni caso possiamo sempre cambiare, nel presente, una decisione di odio presa nel passato. Se lo decidiamo e operiamo con coraggio e saggezza, possiamo cambiare la nostra vita in ogni momento. Il perdono è il punto di svolta della vita, perché non ci potrà essere nessun reale cambiamento senza passare attraverso esso. Infatti, qualsiasi guarigione, sia essa corporea e mentale, morale e spirituale è la guarigione dall’odio ed essa passa attraverso il perdono. Non solo ma il perdono, oltre che sanarci e renderci liberi, ci permette di poter amare concretamente e ci eleva perché è l’atto spirituale più alto e più nobile.

Sull’argomento del perdono le religioni hanno pareri contrastanti. Una da secoli afferma che all’odio si deve rispondere con altrettanto odio e, se possibile, anche di più (occhio per occhio), attirandosi ogni sorta di calamità. Un'altra predica l’amore e il perdono, ma tra il predicare uno stile di vita ideale e praticare uno stile di vita reale c’è un abisso, c’è un deserto e c’è un mare di dolore da attraversare, che sono quelli che percorre da un continente all’altro Eric.

Paradossalmente la prima religione ha contribuito a creare un mondo violento e la seconda un mondo falso e violento. Comunque sia non c’è bisogno di intercessori per ottenere il perdono, né tantomeno il perdono di può essere donato perché nessuno ci può assolvere per avere scatenato l’odio, se non noi stessi. Le suddette precisazioni sono importanti perché quando tocchiamo certi argomenti è indispensabile sapere qual è la visione dominante in una data cultura perché essa, aldilà di esserne coscienti oppure no, comunque condiziona la vita delle persone che ne fanno parte.

***

L’amore che non si è confrontato con l’odio è un amore dimezzato, se non addirittura una falsificazione dell’amore. Eric Lomax, protagonista del film, deve averlo intuito fin dal momento in cui incontra Patti su un treno. Tra i due c’è attrazione a prima vista e subito dopo si sposano. Eric è amato da Patti e lui ama Patti, ma intuisce che per amare Patti in modo autentico, come lui vorrebbe, deve confrontarsi con il suo doloroso passato e sanarlo. Ciò vale per Eric e vale per ognuno di noi. Eric da parecchi anni si porta dentro i traumi della guerra – e dei traumi del suo passato ancora più remoto. Le guerre sono devastanti perché oltre le atrocità da esse causate, risvegliano pure i traumi e i conflitti inconsci e la loro sommazione può diventare travolgente, specialmente per le persone fragili e sofferenti. I traumi generano dolore, odio e violenza e la volontà di vendicarsi.

Per riuscire ad amare in modo maturo è necessario utilizzare in modo sano il dolore per trasformarsi ed è necessario attraversare i propri traumi e liberarsi sia dell’odio sia della volontà di vendicarsi. Un progetto del genere necessariamente passa attraverso il perdono e richiede del tempo. L’odio va stanato perché è nascosto nelle pieghe più nascoste dell’inconscio e dell’animo umano, va assunto e perdonato. Per perdonare è indispensabile sentire, vivere il proprio odio fino in fondo, perché diversamente il perdono rimane un esercizio intellettuale fine a se stesso e una pia illusione. Ogni cosa, per essere superata, prima deve essere compresa e poi accettata.

Eric fa emergere i suoi incubi covati per quaranta anni nel primo giorno di nozze con Patti, perché ha intuito che Patti è la persona giusta che può aiutarlo a confrontarsi con i suoi vissuti per sanarli (la formazione di una coppia è un punto di partenza e non, come spesso si suppone, un punto di arrivo). Le donne che sono capaci di amori del genere, rendono gli uomini capaci di tutto. L’amore di una donna è indispensabile per calarsi negli abissi del dolore e dell’odio, per perdonare e per perdonarsi. Laddove ci sentiamo amati, possiamo perdonare e perdonarci, possiamo amarci e amare concretamente.

Per perdonare, Eric, un ex ufficiale inglese che vive a Londra, fa un lungo viaggio nel passato, nello scontro avvenuto a Singapore nel 1942 tra inglesi e giapponesi. Eric, unitamente ad altri compagni e a migliaia di soldati dell’impero britannico è fatto prigioniero e spedito a fare la Ferrovia della morte tra Tailandia e Birmania in condizioni disumane e in condizioni climatiche quasi impossibili. Per di più, quando i giapponesi scoprono che Eric ha costruito una radio, lo accusano di spionaggio e le sevizie cui è sottoposto raggiungono il limite della sopportazione umana. Durante la prigionia e le torture, si distingue un ufficiale giapponese di nome Takashi Nagase, che è la figura che più di ogni altra lo perseguiterà. L’odio covato per anni nei confronti di Nagase avvelena la vita di Eric e il suo rapporto di coppia (e ogni altra cosa) e lui, in seguito al suggerimento e soprattutto col sostegno della moglie, decide che è giunto il momento di confrontarsi con il suo doloroso passato. Nagase è l’aguzzino esterno ma Nagase rappresenta pure il persecutore interno di Eric, e di noi tutti, che tormenta di continuo la nostra e l’altrui vita. La moglie Patti, tramite un caro amico di Eric di nome Finlay, sa che il giapponese che partecipò alle torture è vivo e fa la guida turistica proprio dove fu tenuto prigioniero Eric. E così Eric, spinto dalla moglie e dal suicidio dell’amico Finlay, decide di ripercorrere a ritroso il suo passato per scrollarselo di dosso. Quando si trova dinanzi il suo aguzzino, Eric è combattuto tra la vendetta e il perdono (le due vie del destino): sceglie quest’ultimo e si salva.

C’è da chiedersi perché il regista si soffermi così a lungo e ripetutamente sulle raccapriccianti scene di violenza? Il regista sembra volerci dire che se è possibile perdonare una violenza siffatta, a maggior ragione è possibile perdonare le altre. Quante volte noi, per molto meno, ci barrichiamo nell’orgoglio e odiamo a più non posso per lesa maestà! A me è successo tante volte. È facile e naturale reagire al male altrui, e anche accrescerlo. Ci vuole del coraggio per passare dalla reazione alla decisione consapevole del perdono. Per perdonare è indispensabile fare un lungo viaggio dentro noi stessi perché l’odio più duro e travolgente risale alle origini della vita. Normalmente è indispensabile ripercorrere la nostra storia a ritroso, fin negli angoli più bui e dolorosi, per sanarla e liberarci del passato. L’odio, specialmente quello più antico e cristallizzato, è difficile da scovare e ci vuole del tempo per riuscirci. Eric impiega quaranta lunghi anni (cinquanta nel libro) per arrivare al perdono e per decidere di perdonare e di perdonarsi. Come a dire che non bisogna mai perdere la speranza di riuscire nell’atto del perdono, perché perdonare e perdonarsi significa porre fine a odi personali e storici, significa vivere e andarsene leggeri e pacificati, significa lasciare una scia di amore.

La via del perdono è lunga e irta di ostacoli (il per-dono non è un atto singolo ma un continuo processo, è un modo di essere), come lo è stata quella di Eric. Il primo ostacolo è l’orgoglio, il muro di gomma su cui s’impantana la vita. Il perdono è reso possibile anche e soprattutto quando e laddove noi non ci arrocchiamo nell’orgoglio ferito e ci rendiamo disponibili a comprendere le ragioni e le difficoltà di chi ci ha fatto del male. Non bisogna mai rinchiudersi ma sforzarsi di comprendere e, laddove è possibile, confrontarsi con chi ci ha fatto del male, perché tutto ciò che è taciuto, oltre che accrescersi di continuo, alla fine può implodere o esplodere in ogni momento. Può implodere facendoci del male fisicamente e in tanti altri modi o facendo del male, o l’uno e l’altro, come più spesso accade. L’amore ci unifica e può unificare ogni cosa, mondo interno e mondo esterno. Pace, serenità e gioia si acquisiscono quando perdoniamo e ci perdoniamo, quando sviluppiamo la capacità e quando decidiamo di amarci e amare.

Finlay, l’amico più vicino a Eric, non ha retto al dolore e all’odio, perché non ha percorso la strada del perdono (e perché non ha avuto una persona accanto che lo sostenesse così come ha fatto in modo appassionato Patti con Eric). È l’odio che frantuma la persona, che ci fa vivere nell’angoscia e nel passato. È l’odio (unitamente all’orgoglio) che genera i cuori di pietra. E i cuori di pietra si possono sciogliere solo e unicamente attraverso l’amore e il perdono, oltre che dal dolore. Perciò laddove è necessario, separarsi con amore da situazioni e da rapporti ingabbianti o perfino malsani è un’arte e una necessità. Chi è posseduto dalla sete di vendetta, è tormentato dal proprio odio e schiavizzato dal suo nemico. Le persone più brutali e primitive sono quelle che trasformano un’offesa o un’ingiustizia in vendetta perenne.

Non bastano gli amici per superare dei dolori insiti nella condizione umana e per superare certi traumi e dei dolori così acuti, profondi e prolungati come quelli patiti da Eric: è necessario l’amore di qualcuno che ci ami incondizionatamente e appassionatamente. Non si può vivere all’infinito con l’odio e col dolore dentro, perché sono due bombe ad orologeria che prima o poi possono esplodere, e di solito esplodono, in modo dirompente. Così come non basta una sola volta calarsi negli abissi dell’odio per liberarsene (l’inferno principalmente è vivere nell’odio). È necessario ritornarci più volte, fino a quando il perdono non è compiuto. Ed è ciò che realizza Eric, accompagnato dalla moglie Patti. C’è un tempo per odiarsi e odiare e c’è un tempo per amarsi e amare. Scaduto il primo può essere rischioso, perché si può varcare un punto di non ritorno.

(Gabriele Palombo) 


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